Altra testimonianza della disumanità del TSO

Riceviamo costantemente tante, troppe, segnalazioni da parte di persone che si sentono bistrattate dalla psichiatria, violate nel nome di un finto aiuto, trattate con disprezzo, ricattate o anche semplicemente ignorate.
Alcune di queste, poche, a dire il vero, rispetto al gran numero di segnalazioni, prendono coraggio e decidono di far conoscere la loro storia.
È il caso di Antonella che ci ha scritto chiedendo di pubblicare integralmente la sua testimonianza.
Prima di lasciarvi alla lettura, ricordiamo che recentemente la Corte di Cassazione ha dichiarato la "legge Basaglia" incostituzionale, rimandando alla Corte Costituzionale la decisione finale.
Sono stata sottoposta a Trattamento sanitario obbligatorio nel 2003.
Non ho firmato l'accettazione del provvedimento di ricovero in quanto non ho voluto autorizzare i medici a manomettere le mie funzioni mentali, comportamentali, cognitive e a compromettere il mio futuro stato di salute fisica.
Nemmeno agli ebrei della Shoah si chiedeva di firmare e approvare come scelta personale e autonoma la deportazione nei campi di sterminio.
Quando vennero a prendermi a casa, ho sempre mantenuto la calma cercando di spiegare le mie ragioni e sottolineando il fatto che la procedura negasse il contraddittorio tramite un avvocato.
La mia contestazione riguardava soprattutto la negazione del diritto alla scelta di cura che prevede il rifiuto della somministrazione di farmaci dei quali non si accettano gli effetti collaterali e secondari.
Inoltre, questi farmaci vengono somministrati senza la dovuta informativa sui rischi e mi riferisco agli effetti secondari e collaterali come già esposto.
Io conoscevo i rischi poiché frequentavo un corso inerente alle professioni sanitarie e precedentemente avevo lavorato in una farmacia come collaboratrice.
Vedendo fallire i miei tentativi, ho seguito, senza opporre resistenza, l'equipe di sanitari in ospedale, accomodandomi nell'autovettura dei vigili urbani insieme al medico.
Ci seguiva l'ambulanza. Non ho mai contestato al dottore che mi sottoponesse a misura restrittiva di libertà, non ho contestato il fatto che decidessero di vietarmi di continuare a stare nel mio domicilio e mi impedissero di decidere dove andare.
Non mi sbagliavo sui rischi, infatti i farmaci hanno compromesso il mio funzionamento ormonale con prolungate amenorree e credo questo sia stato determinante per il cancro al seno che mi fu diagnosticato un anno fa.
Questa riforma (immaginiamo questa NDR) che si vuole presentare è una riforma a tutela di tutti poiché basta poco per fare scattare una denuncia di questo tipo, una denuncia che se accolta diventa esecuzione della pena.
E una riforma che agirà sulle nostre coscienze, infatti io inorridisco quando il popolo italiano insorge contro il giusto processo e contro i legali che difendono un imputato e parlo di qualsiasi capo di imputazione poiché si dovrebbe capire che anche la difesa aiuta a fare chiarezza e che solo l'indagine del magistrato e delle forze dell'ordine non sono sufficienti quando in ballo c'è la vita di ognuno di noi.
Altresì qui si parla di alterazione della libertà di pensiero, diritto inalienabile dell'uomo. Aggiungo che non si può nemmeno avere giustizia su questo tipo di abusi poiché i termini per fare scattare una denuncia sono di tre mesi e per riprendersi da trattamenti farmacologici coatti trascorrono anni.
Antonella Domenica Amato